Onorevoli Deputati! - Il Protocollo n. 13 alla Convenzione del Consiglio d'Europa per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, concernente l'abolizione della pena di morte in tutte le circostanze, fatto a Vilnius il 3 maggio 2002, completa il divieto di applicazione ed esecuzione della pena di morte, già introdotto con il Protocollo n. 6 (reso esecutivo in Italia con la legge n. 8 del 1989).
      Infatti, il Protocollo n. 6 (Strasburgo, 28 aprile 1983) alla citata Convenzione europea sui diritti dell'uomo (Roma, 4 novembre 1950) ha previsto l'abolizione della pena di morte (articolo 1) consentendo, peraltro, che la legislazione nazionale potesse mantenerla per gli atti commessi «in tempo di guerra o di pericolo imminente di guerra» (articolo 2).
      Dopo l'adozione del Protocollo n. 6, l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha invitato gli Stati che chiedono di divenire membri del Consiglio d'Europa ad impegnarsi per una moratoria nelle esecuzioni capitali e a firmare e ratificare il Protocollo n. 6 (risoluzione n. 1044 del 1994).
      L'obiettivo dell'abolizione della pena di morte anche in tempo di guerra, richiamato dall'Assemblea parlamentare con la raccomandazione n. 1246/1994 (per l'adozione di un Protocollo addizionale in tal senso), fu temporaneamente ritenuto dal

 

Pag. 2

Comitato dei Ministri da affrontare successivamente ad una moratoria nelle esecuzioni.
      Nella dichiarazione finale del secondo vertice dei Capi di Stato e di Governo (Strasburgo, ottobre 1997), l'abolizione universale della pena di morte è stata qualificata come obiettivo fondamentale ed, in tal senso, anche il Comitato dei Ministri si è pronunciato con la dichiarazione «Per un'area europea esente dalla pena di morte» (9 novembre 2000).
      La risoluzione n. 2 (paragrafo 14) adottata dalla Conferenza ministeriale europea sui diritti umani (Roma, 3 e 4 novembre 2000) ha invitato il Comitato dei Ministri a considerare la fattibilità di un Protocollo nel senso in esame.
      A seguito di una proposta presentata il 7 dicembre 2000 dalla Svezia, il testo del Protocollo n. 13 è stato elaborato in seno ai competenti organi del Consiglio d'Europa e adottato, quindi, dal Comitato dei Ministri nella riunione del 21 febbraio 2002.
      L'adozione del Protocollo in questione costituisce il coronamento di una lunga evoluzione della cultura europea, rispetto alla quale una posizione contrastante risulta essere stata espressa soltanto da un'assoluta minoranza di Paesi la cui legislazione nazionale, in materia di diritti umani e con riferimento al tema specifico, sembrerebbe rispondere a standard non uniformi al resto degli Stati membri.
      Nel nostro ordinamento giuridico, l'articolo 27, quarto comma, della Costituzione, che stabiliva che «Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra», è stato parzialmente modificato dalla legge costituzionale 2 ottobre 2007, n. 1, che ha soppresso le parole: «, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra».
      Peraltro, nella legislazione ordinaria, la pena di morte prevista nelle disposizioni di seguito indicate, era già stata da tempo abolita: articoli 17 e 21 del codice penale, rispettivamente modificato e da ritenere abrogato a seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo luogotenenziale 10 agosto 1944, n. 224, e, per le leggi speciali diverse da quelle militari, a seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo 22 gennaio 1948, n. 21; in tempo di guerra, articolo 241 del codice penale militare di guerra, abrogato dalla legge 13 ottobre 1994, n. 589.
      Il presente disegno di legge non comporta oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.
 

Pag. 3